Negli ultimi mesi e anni di emergenze e criticità economico-sociali una delle tematiche che emergono con forza, sia dal punto di vista dei dipendenti sia delle aziende, è quella relativa al benessere all’interno dei luoghi di lavoro.

Se dal punto di vista dei dipendenti il benessere organizzativo è fondamentale per avere una migliore qualità della vita lavorativa e privata, per le aziende è altrettanto importante perché produttività, turnover e qualità dell’operativo dipendono in larga parte dal benessere dei dipendenti. Viceversa, non sarebbe presente un filone di letteratura scientifica così corposo e che prosegue ininterrottamente dagli anni 20 del ‘900, che certifica la correlazione tra benessere e produttività.

Dunque come si può costruire un piano di Welfare, cioè tutte le iniziative volte a migliorare il benessere organizzativo, che effettivamente raggiungano l’obiettivo di migliorare il benessere percepito dai dipendenti?

E’ evidente, data la nostra esperienza a contatto con le aziende attente a queste tematiche, che molto spesso viene utilizzato un approccio Top-Down, ovvero il management individua e applica a tutta l’organizzazione, o solo in parte, possibili miglioramenti dando per certo che quelle azioni e/o migliorie siano le più efficienti e desiderate dalla popolazione aziendale. Vi è però un altro possibile approccio che permettere maggiore consapevolezza nella scelta di uno strumento di welfare piuttosto che un altro e che rappresenta esso stesso un primo intervento di miglioramento del benessere e del clima aziendale.

L’approccio Bottom Up si concentra nel far emergere “dal basso” il benessere percepito dai dipendenti, dando la possibilità di individuare con metodo scientifico l’effettiva soddisfazione generale. Si ricevono inoltre indicazioni concrete su possibili azioni di miglioramento organizzativo focalizzate su quanto realmente la popolazione aziendale reputa fondamentale in quel momento specifico.

Realizzare un’indagine sulla soddisfazione dei dipendenti, pur rappresentando un costo maggiore in termini di risorse, porta con se numerosi altri vantaggi collaterali rispetto al suo obiettivo principale, quello di restituire una fotografia del benessere attuale percepito dai dipendenti. Mettere in risalto, con una forte comunicazione istituzionale, quanto per l’organizzazione sia importante il benessere dei propri dipendenti e quanto lo sia permettere a tutti di esprime la propria opinione, permette già di migliorare il senso di appartenenza dei dipendenti e la loro fiducia nei confronti dell’organizzazione. Inoltre, quando il management ha già deciso di attuare delle politiche di welfare, ma non le ha ancora applicate, esse risultano ancora più efficaci se la percezione della popolazione organizzativa è quella di aver contribuito alla scelta del management di attuare tali strumenti. Infine, una delle differenze, che più notiamo nella nostra attività professionale, tra i due approcci è che spesso dando voce ai dipendenti emergono problematiche di cui il management è del tutto, o in parte, ignaro (sovente per la distanza che ha rispetto all’operatività del day by day), ma che per i lavoratori rappresentano aspetti davvero problematici e limitanti il loro benessere.

Queste problematiche spesso hanno soluzioni semplici, dallo scarso impatto o addirittura nullo in termini economici.

Anche quando però le problematiche inattese si dimostrano essere potenziali criticità è fondamentale poterle affrontare prima che si stratifichino e diventino ingestibili o, peggio, vadano a minare il benessere e la produttività di tutta la popolazione aziendale.

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